La Leggenda dei tre noci

L’ombra della masca
Le origini di Collegno sono legate a ritrovamenti archeologici avvenuti nel corso degli anni, ma anche lo spulciare negli antichi Catasti degli Archivi ci ha fatto ritrovare irriconoscibili toponimi, antiche ville romane, insediamenti rurali medievali.
Accanto a quello che oggi è il Cimitero doveva trovarsi la proprietà di un romano, un certo “Onnius” che lasciò il nome alla zona : i “Curtili Ognae” del Medio Evo, gli “Ayralis Nognae” del 1538, il Cantone di “Nogna” o “Annogna” del Seicento, sino al “settore di Annogna” del Censimento del 1857.

Su quest’area sorge ancora oggi Villa Richelmy, edificata su progetto dell’ Arch. Carlo Ignazio Galletti per conto del banchiere Pietro Rignon: è una sobria dimora signorile del 18° secolo dotata anche di una cappella interna dedicata a San Pietro in Vincoli e di un grande parco cintato.

E proprio questo “Cantone di Nogna”, vasto terreno erboso con alcune piante di noci chiamato anche “le tre nosere” (i tre noci), era luogo di ritrovo delle Masche di Collegno con le altre masche del vicinato. Qui si incontravano per fare i “Sabba”: notti di grandi feste con falò. E cantando, accompagnate dalla “cantaran-e”, ballavano il “Rigodon” sino al mattino,  ridendo a crepapelle alle spalle dei collegnesi che, credendole malvagie, per proteggersi cospargevano i perimetri delle loro case di erbe che erano state purificate nelle notti dei prodigi – le feste di San Giovanni (24 giugno) e dell’ Apostolo Giovanni (27 dicembre)  – ma soprattutto  in quella notte non uscivano di casa.

Alle prime luci dell’ alba le masche sparivano lasciando sotto “le tre nosere” i resti e gli avanzi dei baccanali che nessuno osava toccare. Si credeva infatti che chiunque, uomo o animale, avesse toccato anche inavvertitamente quei resti si sarebbe ammalato dei brutti mali che, sovente all’epoca, appestavano la nostra contrada.

Testo di Anna Gramaglia (Cicerone di Collegno)